La tracciabilità dei pagamenti è una materia ormai da diversi anni oggetto di dispute e regolamentazioni proprio alla luce della delicatezza dell’argomento. In Italia infatti sono stati tanti i dibattiti dedicati a questa materia per riuscire a regolamentarla in modo definitivo, ma spesso il Governo è tornato sui suoi passi e modificato quanto deciso in precedenza. D’altronde va detto che la materia non è affatto di facile trattazione perché la necessità di tracciare determinati pagamenti è nata per contrastare l’evasione fiscale, uno dei problemi più vecchi e seri del nostro Paese. In questa guida cercheremo di fare un minimo di chiarezza su questa materia così delicata, soprattutto alla luce di una recente sentenza della Cassazione sull’operatività della presunzione di nero.
La Cassazione di recente ha infatti stabilito con una propria sentenza che la presunzione di nero non opera per gli autonomi ma solo per gli imprenditori. A seguito di questa sentenza quindi l’Agenzia delle Entrate non può assolutamente notificare al professionista un accertamento fiscale basato esclusivamente su delle movimentazioni bancarie sospette, cioè su versamenti e prelievi dal conto corrente bancario senza nessun appoggio documentale. Dunque la normativa che collega una presunzione di nero a tutte quelle movimentazioni prive di giustificazioni si applica esclusivamente agli imprenditori e non agli autonomi.
Ricordiamo che per combattere il grave problema dell’evasione fiscale la legge italiana ha imposto, per i pagamenti superiori ai 3000 € tra soggetti diversi, l’obbligo di fare uso di strumenti tracciabili quali i bancomat, gli assegni non trasferibili e le carte di credito. E’ bene comunque precisare che anche al di sotto della soglia dei 3000 €, entro la quale è possibile utilizzare il contante, i versamenti, i bonifici e i prelievi fatti attraverso il proprio conto corrente bancario, in caso di accertamento da parte del fisco, devono essere giustificabili. Giustificare al fisco tali operazioni non è comunque sempre facile, specie quando le famose “pezze d’appoggio” e tutta la documentazione non vengono conservate in maniera ordinata.
Il motivo dell’attuale normativa è da riscontrare nel fatto che, generalmente, quando il contribuente preleva dal conto corrente una certa somma di denaro si presuma lo faccia per qualche investimento destinato a produrre altro reddito. Quando nella dichiarazione annuale di tale reddito non viene riscontrata alcuna traccia e il contribuente non è nelle condizioni di dichiarare la reale destinazione della somma di denaro prelevata, ecco scattare la probabilità di una possibile evasione fiscale. Un discorso ancor più valido per i versamenti per i quali si ha difficoltà a ricostruire la provenienza delle relative somme di denaro. una buona soluzione sarebbe quella di aprire il conto per ditte individuali in modo da separare quanto più possibile le spese lavorative da quelle personali.
Inizialmente la normativa che regola la tracciabilità sulle movimentazioni bancarie era nata solo per gli imprenditori, per poi essere estesa in seguito anche ai lavoratori autonomi. Tuttavia gli autonomi, contrariamente alle imprese, non hanno una contabilità autonoma e separata da quella personale, ragione per cui nel 2014 è stata sancita l’illegittimità dell’estensione con un’apposita sentenza della Corte Costituzionale. Secondo la Corte Costituzionale è arbitrario sostenere che i prelievi degli autonomi effettuati dai propri conti correnti servano per investire nell’ambito dell’attività lavorativa e di conseguenza con tali presunti investimenti venga prodotto altro reddito. A seguito di tale sentenza quindi autonomi e professionisti non hanno più l’obbligo di giustificare i propri movimenti bancari. Ciò non toglie che se alcuni movimenti sul conto corrente dovessero insospettire, l’Agenzia delle Entrate può utilizzare questi versamenti e prelievi come “campanello d’allarme”.
Per finire va anche detto che la sentenza del 2014 della Corte Costituzionale traccia una chiara linea di distinzione tra gli accertamenti ai danni degli autonomi e quelli nei confronti degli imprenditori. Mentre infatti per gli imprenditori bastano gli estratti conto dai quali rilevare prelievi e versamenti non accompagnati dalle relative pezze giustificative, l’Agenzia delle Entrate per i professionisti non può basarsi esclusivamente su questi dati ma deve evidentemente basarsi anche su altri elementi. In poche parole il fisco, in caso di accertamento fiscale nei confronti dei professionisti, deve raccogliere altri elementi di prova perché l’accertamento fiscale risulterebbe illegittimo se basato esclusivamente su delle movimentazioni sospette. Si tratta di un aspetto davvero molto interessante che fa necessariamente

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