Anche se i nostri amici a quattro zampe, cani e gatti in primis, sono considerati ormai a tutti gli effetti dei componenti della famiglia, c’è ancora molta cautela sui microbi e le infezioni che possono trasmettere, soprattutto nel contatto coi bambini o con le persone con sistema immunitario debilitato.
I graffi del gatto, ad esempio, possono, in rari casi, portare a una patologia simil-influenzale, con ingrossamento dei linfonodi del collo e febbri che possono raggiungere i 40 gradi. Il responsabile è un batterio ubiquitario, la bartonella henselae, particolarmente presente sulle unghie dei gatti, soprattutto nei micini fino a sei mesi.
I proprietari di cani e gatti sono invitati a lavarsi accuratamente le mani dopo aver giocato con i propri amici a quattro zampe, soprattutto prima della preparazione dei pasti, anche a causa della salmonellosi: i batteri responsabili della Salmonella sono ben conosciuti dalla popolazione, per la frequenza di questo tipo di infezioni.
Occhi ben aperti anche quando si parla di Toxoplasmosi, un’infezione sicuramente temibile, ma assolutamente evitabile seguendo le normali norme di igiene soprattutto nella pulizia della lettiera del micio.
Nel ricco elenco c’è anche la tigna (una specie di fungo), infiammazioni intestinali causate dagli ascaridi (un’altra famiglia di vermi) o l’anchilostomiasi: un verme penetra attraverso la cute e arriva fino al duodeno, dove poi resta annidato.
Eppure, e non è una bufala dato che è la scienza a confermarlo, il pelo dei nostri amici animali è meno pericoloso, quanto a batteri patogeni, della barba di un uomo.
Strano, quasi assurdo, ma vero: a dirlo i ricercatori svizzeri che sulla rivista European Radiology hanno pubblicato lo studio intitolato “Would it be safe to have a dog in the MRI scanner before your own examination? A multicenter study to establish hygiene facts related to dogs and men” che smonta le nostre paure sulle pericolosità del pelo di cane, soprattutto se messo in relazione con la barba degli uomini.
I ricercatori hanno analizzato la presenza di microorganismi patogeni per l’uomo sul pelo del cane e sulla barba degli esseri umani prima dell’esame radiologico e, poi, hanno eseguito la stessa analisi sulle superfici della macchina di risonanza magnetica immediatamente dopo l’esame. Ebbene, l’analisi microbiologica mostra che, rispetto ai cani, gli uomini barbuti ospitano un numero significativamente maggiore di microbi e batteri nocivi per l’uomo.
Più nello specifico, gli autori del lavoro hanno confrontato la contaminazione da microrganismi patogeni per l’uomo dei campioni prelevati dalle barbe di 18 uomini (con un’età media di 36 anni e con barbe di diverse lunghezze, mai al di sopra dei 2,5 cm) e prelevati dal pelo di 30 cani appartenenti a 16 razze diverse.
Come abbiamo detto, i risultati sorprendentemente hanno mostrato più batteri nelle barbe che nei peli. Inoltre sono stati trovati più microbi nelle bocche degli umani che in quelle di cani e, in seguito alla pulizia approfondita degli scanner in cui erano stati inseriti i partecipanti (uomini e cani), i dati hanno mostrato che dove erano stati posizionati i cani rimanevano molti meno batteri rispetto a dove erano stati posizionati gli umani.
Per quanto riguarda la tipologia di batteri riscontrati, quelli presenti negli uomini comprendevano cinque casi di Enterococcus faecalis e due casi di Staphylococcus aureus. I quattro batteri patogeni umani trovati nel pelo dei cani includevano un caso di S. aureus, due casi di Moraxella e un caso di Enterococcus.
Una ricerca quindi dal duplice obiettivo: da un lato sensibilizzare gli uomini barbuti a una maggiore attenzione alla propria peluria, ma anche un modo per sensibilizzare i radiologi ai concetti di pulizia e igiene, rientrando così nel più ampio sforzo delle strutture ospedaliere verso una maggiore igiene, per cercare di contenere il rischio di contrarre infezioni, anche perché – scrivono gli autori – «non esistono, a quanto ci risulta, degli standard internazionali di igiene per le MRI, ogni ospedale sembra avere la propria organizzazione individuale».

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