Ad oggi sembra che, in effetti, stiamo diventando più consapevoli per quel che concerne il problema della celiachia,da ultime ricerche sembra che l’incidenza della malattia sia aumentata senza dubbio in modo drammatico, ma è interessante notare che, mentre tale problematica era praticamente sconosciuta nella popolazione anziana qualche tempo fa, ora è noto che si ha una probabilità doppia di essere diagnosticata rispetto alla popolazione generale. Mentre la genetica gioca sicuramente un ruolo nella predisposizione alla malattia celiaca come qualsiasi altra malattia autoimmune, i fattori scatenanti ambientali sono necessari per far precipitare tale malattia.
Proprio nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di parlare di celiachia, con particolare riguardo all’insensata moda di comprare e consumare prodotti gluten free senza essere affetti dalla suddetta patologia.
Se, negli ultimi mesi, gli esperti hanno più volte sottolineato l’inutilità di una scelta del genere, dato che il fatto che siano più digeribili o che facciano dimagrire sono solo dei falsi miti, la rivista francese 60 Millions de consommateurs ha spiegato come gli alimenti senza glutine, necessari per i celiaci e gli intolleranti, non rappresentano una buona scelta nutrizionale per gli altri.
I produttori, per ovviare alla mancanza della proteina che conferisce elasticità e morbidezza ai prodotti a base di farina, utilizzano infatti molti additivi addensanti ed emulsionanti. Inoltre, scrive la rivista francese, per migliorarne il gusto i prodotti hanno un tenore in proteine o fibre fino a due volte inferiore, ma sono ricchi di zucchero, sale e grassi.
Inoltre, la presidente dell’Associazione francese degli intolleranti al glutine, Brigitte Jolivet, aveva sottolineato che i prodotti senza glutine hanno “un indice glicemico più alto, pericoloso per le persone con diabete e devono essere riservati ai malati. Consumarli per la forma è aberrante”.
Quest’oggi invece parliamo di chi realmente è affetto da celiachia e che è costretto quindi, per la propria salute, a seguire tutta la vita una dieta priva di glutine, dato che ad oggi non esiste nessuna cura che permette di guarire.
Per fortuna nel nostro paese c’è una particolare attenzione a questa patologia, che comporta spese molto ingenti, dato che i prodotti gluten free sono spesso molto costosi rispetto agli altri.
Malta e Italia sono infatti gli unici Paesi che per garantire ai celiaci «un’alimentazione equilibrata» danno un sussidio per l’erogazione gratuita dei prodotti gluten free. Dal 1982 il ministero della Salute prevede un bonus mensile, che cambia a seconda di età, sesso e Regione, da spendere in farmacia per fare scorta di prodotti dietetici.
In queste ore con un decreto a firma del ministro della Salute Giulia Grillo cambiano però i rimborsi.
Nel decreto si spiega che il celiaco deve seguire una dieta varia ed equilibrata «con un apporto energetico giornaliero da carboidrati stimabile in almeno il 55%, che deve derivare anche da alimenti naturalmente privi di glutine provenienti da riso, mais, patate e legumi come fonte di carboidrati complessi, per cui la quota da soddisfare con alimenti senza glutine di base (pane, pasta e farina) è stimabile nel 35% dell’apporto energetico totale».
Il decreto prevede quindi l’aggiornamento del Registro nazionale che dovrà avvenire entro 6 mesi. A quel punto le Regioni dovranno adeguarsi entro tre mesi.
“Ai fini dell’erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale sono inclusi nel registro nazionale, istituito presso la Direzione generale per l’igiene, la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della salute, gli alimenti rientranti nelle seguenti categorie: a) pane e affini, prodotti da forno salati; b) pasta e affini; pizza e affini; piatti pronti a base di pasta; c) preparati e basi Pronte per dolci, pane, pasta, pizza e affini; d) prodotti da forno e altri prodotti dolciari; e) cereali per la prima colazione”, si specifica.
“È opportuno rendere uniformi le modalità di erogazione degli alimenti senza glutine specificamente formulati per celiaci al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale e di contenere i costi per il Servizio sanitario nazionale”, si legge poi nel decreto.
Di conseguenza cambiano gli importi dei rimborsi.
In generale rispetto al vecchio Dm del 2006 la differenza più marcata sono limiti di spesa più elevati per i minori e tetti più bassi per gli adulti (per gli adulti prima il rimborso era di 140 euro al mese mentre oggi con i nuovi tetti si va dai 90 euro per le donne ai 110 euro per gli uomini e i tetti sono ancora più bassi per gli anziani).