In un’aula di tribunale dell’Arizona, tre anni e mezzo dopo essere stato ucciso in un’aggressione stradale, Chris Pelkey è tornato a parlare. Non in senso metaforico, ma con voce, volto ed espressioni perfettamente riprodotte da un modello di intelligenza artificiale. Un messaggio rivolto direttamente a Gabriel Horcasitas, l’uomo che gli ha tolto la vita.
“In un’altra vita, forse saremmo potuti essere amici. Credo nel perdono, e credo in Dio. L’ho sempre creduto, e lo credo ancora.”
Quelle parole, pronunciate dal Chris digitale, sono state costruite con un lavoro tecnico e umano senza precedenti, realizzato dalla sorella Stacey Wales, dal marito Tim e dal loro amico Scott Yentzer, entrambi esperti di AI.

Una testimonianza unica: come è nato il “Chris AI”
L’idea è nata da un bisogno emotivo: portare in tribunale la voce della vittima, che non poteva più raccontare la sua verità. Stacey ha iniziato a raccogliere le dichiarazioni delle vittime per il processo, e ha ricevuto 49 lettere, ma ne mancava una fondamentale: quella di Chris.
“C’era una voce assente in quelle lettere. Quella di mio fratello,” ha spiegato Stacey in un’intervista alla ABC News.
Così, con l’aiuto dei due sviluppatori, è iniziato un lavoro di ricostruzione digitale. Non esiste uno strumento unico che possa creare un essere umano artificiale da voce, immagine e memoria. Il risultato è stato un “Frankenstein dell’amore”, come lo definisce Stacey: un collage di tecnologie, script, audio e machine learning, tutto cucito insieme per restituire non solo l’aspetto, ma lo spirito di Chris.
L’IA come mezzo di empatia e giustizia riparativa
Il risultato ha colpito tutti, incluso il giudice Todd Lang, che ha definito il messaggio “sincero e profondamente umano”, sottolineando quanto il perdono espresso da Chris rappresentasse pienamente la sua personalità.
John, fratello maggiore di Chris, ha dichiarato:
“Sentire la sua voce, vedere il suo volto e ascoltare parole che avrebbero potuto essere davvero sue… è stata un’ondata di guarigione per l’anima.”
Questo esperimento ha aperto un inedito spazio emotivo nel sistema giudiziario: un modo per ricostruire il dialogo tra vittima e carnefice, anche dopo la morte.
Un precedente che fa discutere
La testimonianza digitale di Chris Pelkey ha sollevato anche importanti interrogativi etici: è giusto usare l’intelligenza artificiale per “riportare in vita” chi non può più parlare? Qual è il confine tra memoria e manipolazione?
Stacey ha chiarito che le parole del video non riflettevano le sue emozioni personali, ma erano costruite cercando di essere fedeli alla personalità, ai valori e al carattere di Chris. Un atto di empatia profonda.
“Chris era il migliore tra noi. Ciò in cui credeva era chiaro. Ciò che amava era per tutti.”
Il verdetto
Gabriel Horcasitas è stato condannato a quasi 13 anni di carcere per l’omicidio di Chris. Il video realizzato con l’IA non ha influenzato direttamente la sentenza, ma ha rappresentato un momento cruciale per la famiglia e per il tribunale.
Il messaggio finale dell’avatar di Chris ha lasciato l’aula in silenzio:
“Ora vado a pescare. Vi voglio bene a tutti. Ci vediamo dall’altra parte.”