La presenza di ossigeno nelle rocce marziane è un argomento affascinante e di grande rilevanza scientifica. Recenti scoperte suggeriscono che il pianeta rosso, un tempo, aveva una composizione atmosferica più ricca di ossigeno rispetto a oggi.

Le ricerche condotte dal rover Curiosity della NASA hanno rivelato alti livelli di ossidi di manganese nelle rocce marziane. Questi ossidi richiedono abbondante acqua e condizioni fortemente ossidanti per formarsi, suggerendo che Marte aveva un’atmosfera più ricca di ossigeno nel suo passato remoto. La presenza di ossidi di manganese è significativa perché su Terra, questi materiali si formano in presenza di ossigeno atmosferico o di microbi. Poiché l’ipotesi dei microbi appare alquanto improbabile in questo contesto, gli scienziati ritengono che l’atmosfera marziana del passato contenesse più ossigeno di quella attuale.
Un’altra importante scoperta è stata fatta attraverso il Mars Oxygen In-Situ Resource Utilization Experiment (MOXIE), un esperimento dimostrativo sulla tecnologia di produzione di ossigeno su Marte a bordo del rover Perseverance della NASA. Il 20 aprile 2021, MOXIE ha prodotto ossigeno a partire dall’anidride carbonica presente nell’atmosfera marziana, utilizzando l’elettrolisi a ossido solido. Questo esperimento non solo dimostra la fattibilità della produzione di ossigeno su Marte, ma fornisce anche informazioni sulla composizione chimica dell’atmosfera marziana e sulla sua evoluzione nel tempo.
Inoltre, si è scoperto che il mantello superiore marziano ha una fugacità massima di ossigeno di 3 unità logaritmiche sotto il buffer QFM (Quartz-Fayalite-Magnetite), suggerendo che potrebbe avere una fugacità di ossigeno simile a quella della Luna. Questo studio sull’alterazione delle rocce marziane indica come l’assimilazione di prodotti di alterazione antichi o di rocce contenenti anfibolo o flogopite possa mantenere composizioni basaltiche e spostare la fugacità di ossigeno di 2 unità logaritmiche, fornendo gli arricchimenti in elementi incompatibili necessari per i basalti marziani.
Un altro esperimento significativo è stato quello condotto da Curiosity, che ha utilizzato ossigeno e calore per convertire il carbonio organico in anidride carbonica (CO2), misurando così la quantità di carbonio organico presente nelle rocce. Questo processo dimostra come l’aggiunta di ossigeno e calore possa permettere alle molecole di carbonio di frammentarsi e reagire con l’ossigeno per formare CO2.
In conclusione, le recenti scoperte su Marte rivelano non solo la presenza passata di ossigeno nel suo ambiente, ma offrono anche nuove prospettive sulle tecniche per produrre ossigeno in situ, che potrebbero essere cruciali per future missioni di esplorazione umana sul pianeta rosso.

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