Vaccini, la storia infinita: i bimbi malati fuori dalla scuola a causa dei compagni non vaccinati.
Ormai la sfida sembra essere quella della ragione contro l’ignoranza, della scienza contro il menefreghismo e la superficialità, dell’individualismo contro il senso dello stare insieme, della comunità.
La questione dei vaccini in Italia ha assunto pieghe da commedia, all’italiana per l’appunto. Indeterminazione, promesse e marce indietro, quasi nessuna certezza e, purtroppo, una incapacità di fondo di prendere delle decisioni coerenti che vadano in direzione degli atteggiamenti scientifici, dei report di organismi nazionali e internazionali accreditati.
La questione è: stare appresso al sentito dire, agli orientamenti più o meno antiscientifici, o inserire razionalità, logica e senso civico nelle decisioni? Pare che il governo stenti ancora a dare degli indirizzi precisi, proprio perché si trova stretto fra promesse elettorali da una parte, e consapevolezza che la superficialità e la scarsa cognizione delle questioni, promesse a parte, non portano da nessuna parte. Specialmente se c’è di mezzo la salute di migliaia di bambini.
Qualcuno ha parlato di ritorno al Medio Evo. Il paragone può sembrare forte, e forse lo è, ma più che i parametri di carattere storico, bisognerebbe considerare quelli di carattere giuridico-costituzionale. E questi ultimi dovrebbero tenere in massima considerazione che quando si fanno scelte politiche a forte valenza generale, non si possono non valutare parametri e obiettivi di carattere generale e pubblico, e non la salute di un singolo individuo.
In altri termini, la questione “vaccini” è strettamente legata al principio di non diffusione di epidemie; in funzione di questo, ognuno ha il dovere di evitare che i rischi siano ridotti al minimo, seguendo il criterio delle vaccinazioni così come indicate da uno Stato consapevole e che tenda conto di statistiche e dati sulle malattie, i quali provengano da settori accreditati nel mondo scientifico.
Se non si opera con questi criteri, si arriva poi alle aberrazioni, come denunciato dall’Ageop: I bambini immunodepressi che non vanno a scuola perché i compagni non sono vaccinati, o anche solo perché hanno il dubbio che siano vaccinati o meno, sono di gran lunga più numerosi degli studenti che rischiano la sospensione perché non in regola con i vaccini.
Questa è il grido di allarme lanciato al Corriere della Sera dal Direttore dell’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna, Stefano Versari.
Dal Canto suo, Ageop precisa: Sono ormai circa 1.000 a oggi i bambini immunodepressi seguiti dal Sant’Orsola che non possono andare a scuola, perché rischiano la vita. E la rischiano perché sono troppe le persone non vaccinate, non solo bambini, ma anche insegnanti e personale scolastico.
È proprio la responsabile assistenza di Ageop, Francesca Testoni, che tiene ulteriormente a precisare: Non ci sono solo pazienti oncologici o con malattie ematologiche dentro quel numero di bambini che non possono più mettere piede a scuola, ma anche pazienti con malattie rare, bambini che hanno subito un trapianto e che per due anni non si possono vaccinare, altri che hanno un deficit del sistema immunitario. Loro, se l’obbligo vaccinale resta solo sulla carta, a scuola non possono metterci più piede.
Ageop denuncia anche la leggerezza con la quale viene affrontato il problema delle vaccinazioni, che non è un problema di una classe o di una scuola, ma di tutta la società. Dovrebbero intanto vaccinarsi gli insegnanti e gli educatori, oltre ai medici e al personale ospedaliero. La stessa associazione ha inviato nei giorni scorsi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, una lettera proprio evidenziando questi temi.
Intanto il Comune di Bologna ha dato notizia di 101 casi di bimbi sospesi dalla scuola materna e dall’asilo nido perché non in regola con le vaccinazioni o con l’appuntamento previsto presso l’Ausl.

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