Il diciannove marzo a Kabul poco distante dal palazzo presidenziale è stata uccisa brutalmente una donna, Farkhunda. Il motivo del brutale assassinio è stato quello di blasfemia. Sono stati ritenuti responsabili del gesto quattro persone. L’agenzia di stampa afghana Pajhwok spiega che 49 persone, tra questi 19 sono poliziotti, non l’hanno aiutata.
Il giudice Safiullah Mujaddedi ha ricordato ai responsabili che potranno fare ricorso in Corte d’appello.
L’accusa di blasfemia per aver bruciato un libro del Corano è stata poi contestata, era falsa. La donna fu bastonata e poi investita ripetutamente.
Il corpo della donna è stato portato sulle rive del fiume Kabul e qui è stato bruciato.
La ragazza però era estranea al fatto, anzi c’è di più. La donna avrebbe provato ad impedire il commercio di amuleti proprio nella moschea di Shah Do Shamshera. Gli abitanti di Kabul hanno protestato per tanti mesi con rabbia contro un atto immorale come questo.
La prima manifestazione risale al 24 marzo davanti alla Corte suprema, tanti gli uomini e le donne con il volto pitturato di rosso.
Soraya Parlika, legale per i diritti delle donne, ha sfilato nel corteo che affermava: “ è la prima volta nella storia dell’Afghanistan che ci troviamo di fronte a tanta brutalità, a un atto barbaro e non musulmano, ma disumano contro una donna” e concludeva: “ Fortunatamente le donne afghane e la maggioranza degli uomini condannano l’omicidio della 27enne e lo definiscono disumano e barbaro”.