Abbiamo finalmente cominciato a vedere la luce in fondo al tunnel: finalmente sembra che la curva dei contagi sia discendente e presto potremmo finalmente lasciare le nostre case, almeno per qualche ora, dopo oltre un mese di quarantena.
“Presto” però è un concetto su cui non concordano tutti: se infatti gli italiani sperano che le misure di contenimento non saranno prorogate oltre il 14 aprile, gli esperti frenano e provano ad essere franchi.
«La ripresa sarà lunga e costellata di focolai» e «potrà avvenire da solo in presenza di 3 condizioni fondamentali. Sarebbe un errore partire con qualcosa di improvvisato», ribadisce l’epidemiologo e il virologo Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di virologia e microbiologia dell’università di Padova.

«La premessa è che la rimozione delle misure deve essere graduale e rispetta le condizioni locali, tiene conto delle differenze estreme che abbiamo sia tra le Regioni che addirittura al loro interno, una seconda delle aree che prendiamo in considerazione. Punto primo: non si può prescindere dalla distribuzione su larga scala di dispositivi di sicurezza, dalle mascherine ai guanti e così via. Il secondo aspetto indispensabile è il rafforzamento della medicina del territorio e dei servizi sul territorio, a partire dai servizi di diagnosi, senza dimenticare il monitoraggio dei luoghi di lavoro. Ultimo aspetto non meno importante: occorrerà accettare di rinunciare in parte alla propria privacy per garantire il tracciamento elettronico dei contatti nel caso di soggetti infetti».
E quindi ha chiosato: “La cosa peggiore sarebbe una ripresa portata avanti in maniera improvvisata. E io sono fra gli esperti che hanno firmato una lettera in cui sollecitavano il governo a prendere iniziative per tempo su questo fronte. Bisogna inoltre dire tutta la verità agli italiani: la ripresa non arriverà tutta insieme e non sarà veloce”.