Negli ultimi anni il confine tra il rispetto delle tradizioni altrui e le regole che vigono in casa nostra è sempre più sfumato e controverso: quanto è giusto permettere di fare a rappresentanti di culture differenti per non snaturarli e quanto al contrario va imposto, anche per questioni di sicurezza?
Il caso è quanto mai attuale se si pensa anche alla storia che in queste ore arriva da Modena: una giovane marocchina è stata esclusa da una palestra privata di Mirandola (Modena) perché portava il velo.
È la stessa giovane, di 28 anni e mediatrice culturale di professione, a raccontare la sua storia in una lettera inviata al comune.
“Le sto scrivendo per un episodio che ho vissuto venerdì, un episodio che non caratterizza Mirandola, la mia Mirandola, e i suoi abitanti. Venerdì mi sono recata in una palestra per iscrivermi e usufruire dei suoi servizi, il proprietario, mirandolese, ha rifiutato la mia iscrizione poiché mi vesto in modo poco ‘occidentale'”, ha scritto la ragazza. “Ho chiesto più chiarimenti ed egli ha risposto che nella sua palestra non iscrive Batman o suore, alludendo al velo che copre il mio capo, ma senza indicarlo in modo diretto, egli ha continuato ad alludere a persone mascherate e suore, senza darmi una ragione e ha concluso dicendo ‘mia palestra, mie regole'”.
“Ho cercato di spiegargli e fargli vedere che sono una ragazza ‘all’occidentale’ e chi mi conosce sa benissimo che non giro con i ‘tipici’ vestiti neri, lunghi e larghi. Sono una ragazza che conosce la legge, la Costituzione e i suoi principi e i suoi precetti, e ciò che mi è successo non ha scusanti – ha poi aggiunto – È difficile descrivere la mia sensazione, un misto di rabbia, delusione e tristezza. Vorrei condividere questo episodio con lei e denunciare questo atto di razzismo inspiegabile”.
Dal canto suo, il Comune di Mirandola le ha espresso solidarietà e ha condannato l’episodio.