Se gli antibiotici sono antichi, scoperti da secoli quando già antiche civiltà utilizzavano spore e muffe per la cura di infezioni, si può dire sono una sorta di “soluzione” per tantissimi tipi di virus, è anche vero che questi ultimi si evolvono e cercano di trovare terreno fertile per proliferare diventando, in molti casi, resistenti e riuscendo a sopravvivere senza che gli stessi antibiotici possano essere efficaci. Secondo la definizione più conosciuta, gli antibiotici sono sostanze elaborate da organismi viventi o prodotte in laboratorio, capaci di determinare la morte dei batteri o di impedirne la crescita.
L’uso di muffe e piante particolari nella cura delle infezioni era già noto in molte culture antiche – greca, egiziana, cinese – la cui efficacia era dovuta alle sostanze antibiotiche prodotte dalla specie vegetale o dalla muffa; non si aveva però la possibilità di distinguere la componente effettivamente attiva, né di isolarla.
Le ricerche moderne iniziarono con la scoperta casuale della penicillina nel 1928 da parte di Alexander Fleming. Oltre dieci anni dopo Ernst Chain e Howard Walter Florey riuscirono a ottenere gli antibiotici in forma pura.
Le ormai numerosissime molecole disponibili oggi inibiscono lo sviluppo dei batteri attraverso meccanismi di azione differenti, che mirano però essenzialmente a due obiettivi: distruggere l’involucro protettivo esterno della cellula batterica e interferire con le reazioni biochimiche che le consentono di sopravvivere e di riprodursi.
L’assunzione di farmaci antibatterici è appropriata esclusivamente nelle infezioni causate da batteri, mentre è inutile e inopportuna in corso di malattie causate da agenti infettivi diversi (virus, funghi, protozoi), a meno che non sussista il rischio che queste si complichino per il sovrapporsi di infezioni batteriche.
Ma se la ricerca farmaceutica ha reso disponibili numerosissime molecole antibatteriche, parallelamente i batteri hanno messo in campo le contromisure biologiche di cui sono dotati (modificazioni genetiche, adattamenti biochimici) per ridurre la propria suscettibilità all’effetto dei farmaci.
Nello specifico, negli anni l’abuso di antibiotici ha creato ceppi di batteri resistenti al trattamento, portando così infezioni comuni, curate efficacemente da decenni, a essere nuovamente letali per i soggetti che hanno appunto sviluppato la resistenza.
Questi batteri antibiotico-resistenti possono velocemente diffondersi in contesti sociali ravvicinati (tra membri della famiglia, compagni di scuola, colleghi di lavoro), minacciando la comunità con un nuovo ceppo di malattie infettive che non solo sono più difficili da curare, ma anche più costose per la sanità pubblica.
Si stima che ogni anno nel mondo circa 700.000 persone muoiano per infezioni causate da batteri multi resistenti ai farmaci. Secondo dati dell’agenzia italiana del farmaco (AIFA), l’Italia si pone tra i Paesi Europei con maggior consumo di antibiotici, addirittura doppio rispetto a Germania e Regno Unito, con un aumento del consumo del 18% tra gli anni 2000 e 2007.
Per contrastare il fenomeno è necessario un impegno globale che oggi vede assieme Organizzazione Mondiale della Sanità, Unione europea, Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) e il ministero della Salute.
Intanto, le due più importanti società scientifiche europee Escmid ed Esicm si sono già unite nell’alleanza Antarctica (Antimicrobial resistance critical care) per contrastare la resistenza antimicrobica nelle unità di terapia intensiva. L’intento è quello di promuovere l’uso razionale degli antibiotici: negli ospedali dell’Ue, infatti, fino al 50% viene somministrato in modo eccessivo o inappropriato.
Bisognerà comunque continuare su questa strada, perché i numeri parlano chiaro: secondo l’Oms, agli attuali tassi di incremento delle antibiotico-resistenze da qui al 2050, i “superbug” saranno responsabili di almeno 10 milioni di decessi all’anno, diventando così la prima causa di morte per il mondo. Già oggi in Europa, ci sono ogni anno quattro milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti con 25mila morti.