Un futuro ricco, economicamente ma soprattutto umanamente e culturalmente, si deve basare imprescindibilmente su un’istruzione generalizzata, rivolta a tutti e che riesca fattivamente ad arrivare a tutte le fasce della popolazione.
Ben oltre la scuola dell’obbligo, attraverso misure di incentivo e sostegno, si devono spingere i nostri giovani a frequentare l’Università, per arricchire il proprio bagaglio culturale ma anche per contribuire fattivamente al bagaglio umano e culturale della propria nazione, come recita la stessa Costituzione.
Eppure gli ultimi numeri diffusi dal Rapporto Almalaura 2019 sono impietosi: dal 2003/2004 al 2017/2018 le università hanno perso 40 mila matricole. Il Sud Italia si lascia scappare un quarto dei diplomati mentre cresce la quota di laureati stranieri figli di immigrati residenti nel nostro Paese.
Sempre secondo il sondaggio, il 5,7% dei laureati italiani di secondo livello, soprattutto a causa delle difficoltà del mercato del lavoro dovuto alla crisi economica, è andato a lavorare all’estero e il numero tende a crescere.
L’età media alla laurea per il complesso dei laureati del 2018 è pari a 25,8 anni: 24,6 anni per i laureati di primo livello, 27,0 per i magistrali a ciclo unico e 27,3 anni per i laureati magistrali biennali. L’età alla laurea è diminuita in misura apprezzabile rispetto alla situazione pre-riforma e continua a diminuire negli ultimi anni: l’età media era infatti 27 anni nel 2008, di oltre anno più elevata rispetto alla situazione attuale.
Tra le note positive spiccano l’aumento delle esperienze all’estero e di tirocinio, ma anche l’elevata soddisfazione per l’esperienza universitaria. E nel 2018, a un anno dal conseguimento del titolo, il 72,1% tra i laureati di primo livello e il 69,4% tra i laureati di secondo livello ha trovato un posto di lavoro a tempo determinato. La retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è nel 2018, in media, pari a 1.169 euro per i laureati di primo livello e 1.232 euro per i laureati di secondo livello.ity51 \lsdl